Nucleare: il Giappone dice addio all’atomo e vira verso il “verde”

nucleare_stresstest_250x166Abbandonare il nucleare e scegliere le rinnovabili, puntando a diventare un Paese leader nel settore. È questa la nuova politica energetica del neo premier Yoshihiko Noda per il Giappone.
A sei mesi dal disastro di Fukushima e il giorno successivo al nuovo incidente nucleare francese, Noda, sesto capo di governo in 5 anni, ha annunciato nel suo primo intervento al  Parlamento giapponese che il Paese del Sol Levante cambierà strada: diminuirà sempre di più la dipendenza dall'energia nucleare a vantaggio delle energie rinnovabili, fino a diventare un modello a livello mondiale in questo settore. Una politica in linea con quella dell’ex premier Naoto Kan, che aveva accettato di rassegnare le dimissioni solo dopo l’approvazione di un progetto di legge che incentivasse fortemente sole e vento a discapito di uranio e plutonio.
Negli ultimi 6 mesi in Giappone su un totale di 54 reattori 30 sono già stati chiusi, così, se prima dell’incidente si prevedeva di aumentare di oltre il 50% l'elettricità d'origine nucleare sul totale nazionale, ad Agosto di quest’anno la quota energetica dell’atomo è scesa al 26,4%.
Ripartiremo con una pagina bianca e presenteremo entro l'estate prossima un nuovo piano energetico che arriva fino al 2030”, ha dichiarato il nuovo capo del governo. “Dobbiamo creare –ha spiegato Noda- una società basata su nuove energie. Grazie alle nostre capacità tecniche, insieme a una riforma delle leggi e a una politica di sostegno per l'adozione delle nuove energie, noi dobbiamo fare del Giappone un modello su scala globale”.

Il Giappone è un paese massacrato dai terremoti. Dobbiamo ridurre il nostro utilizzo di energia nucleare nei prossimi 20 anni”. Lo ha affermato Masayoshi Son, fondatore e amministratore delegato della Softbank, intervenuto in occasione del lancio della Japan Renewable Energy Foundation. Per raggiungere l’obiettivo 60% di energia dalle rinnovabili entro 20 anni, spiega Son, saranno necessari 2 trilioni di yen (26 miliardi di dollari). E Son, l’uomo più ricco del Giappone, ci crede e ha già investito personalmente per costituire la Japan Renewable Energy Foundation. Inoltre, la Softbank investirà dai 10 ai 20 miliardi di Yen nel business delle energie rinnovabili.
Se, da una parte, aumentare la produzione di energia rinnovabile è una priorità, dall’altra, questa virata “verde” è una strada obbligata dal deficit energetico, ma anche dalla crisi dello yen. A spiegare la situazione è lo stesso Noda:  “Il Giappone deve uscire da due crisi: quella del terremoto di marzo e la crisi economica globale. La discesa storica dello yen, abbinata con l’ascesa dei Paesi emergenti, rappresenta una minaccia senza precedenti per la nostra industria. C’è il rischio che le nostre industrie scompaiano e che posti di lavoro vengano persi. Se ciò accadesse, non potremmo uscire dalla deflazione o ricostruire le zone colpite”.

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