IL SOLE AD HIROSHIMA: FIORI E LANTERNE GALLEGGIANTI






COLOMBE BIANCHE PER UN GIORNO
Oggi alle 08:15 il Giappone si è fermato per un minuto. Il mondo ricorda le vittime di quel tragico evento di 73 anni fa che vide cadere dal cielo una bomba micidiale (little boy) che distrusse la città di Hiroshima e la maggior parte dei suoi abitanti.




….per l’occasione vogliamo tornare indietro nel tempo, precisamente al 6 Agosto del 2005 quando abbiamo partecipato al 60° anniversario.
La sveglia, che non sentivo da giorni, mi ha riportato per un attimo nel mio letto di casa, pronta a ricordarmi di alzarmi per andare al lavoro. 
Invece ora, sempre utilissima, ci ricorda di muoverci per non perdere il treno per Hiroshima. Lo zaino lo avevamo preparato la sera prima, mettendoci l’occorrente per una notte fuori e un cambio per il giorno, non si sa mai. 
Come al solito il mio bagaglietto era il doppio di quello del Dade. Colazione veloce in stazione, binario 4 e shinkansen per Hiroshima. 

Mentre ero intento ad ammirare il paesaggio, il treno si è fermato qualche minuto, e non essendoci nessuna stazione mi sono meravigliato del fatto. Subito dopo sono iniziate a comparire una serie di messaggi nei video del vagone e dopo la lunga sfilza i ideogrammi sono arrivati quelli in inglese. Letteralmente dicevano: “ci scusiamo con gli onorevoli viaggiatori, ma il treno raggiungerà la stazione di Hiroshima con 1 minuto e 40 secondi di ritardo… causa terremoto
Ci scusiamo ancora infinitamente per il disagio”. Sorprendente che la compagnia dei treni si scusasse per il ritardo dovuto ad un evento naturale. Da noi manco ci avrebbero avvertito, e il treno sarebbe arrivato come minimo due ore dopo , anche se il terremoto non ci fosse stato. Ma non polemizziamo, ora dopo 13 anni è un tantino migliorato.


Il treno arrivò esattamente all’orario previsto più il minuto e quaranta di ritardo. La città appariva inconsueta. Mi aspettavo qualcosa di super tecnologico, essendo una città rasa al suolo nella seconda guerra mondiale e ricostruita completamente. Invece tutto sembrava ”normale”, quasi modesto, come se la batosta presa avesse concentrato l’attenzione su altro. Nonostante sia tutto rifatto e nuovo, c’è un non so che di nostalgico e malinconico. Viali lunghissimi e dritti con ai lati cipressi scolpiti, strade larghe come le avenue americane, poi, a cascata le strade laterali, pressoché anonime e simili tra loro. Arrivammo in dieci minuti circa in una di queste traverse con cinquanta semafori e lucine, poi svoltato a destra ci ritrovammo di fronte un caseggiato con mattoni a vista, un pò vecchia America: il nostro hotel. E’ come se la ricostruzione fosse stata effettuata dagli americani, forse è così, non lo so, ma assomiglia molto ad una San Francisco, dove anche qui il tram corre in centro alle strade su e giù cavalcando collinette caratteristiche che donano un pò di vivacità a questa triste città. 

Il tram era proprio carino, sedili in legno manici per reggersi e tantissimi avvisi pubblicitari appesi un pò ovunque. Passeggiammo un pò intorno all’hotel e incontrammo, quasi per caso il “Dome”, la famosa struttura rimasta in piedi dopo i bombardamenti. Detto "Cupola della bomba atomica" è un sito appartenente dal 1996 alla lista dei Patrimoni dell'umanità dell'Unesco. 

L'edificio, leggo dalla traduzione inglese dei pannelli antistanti, venne progettato dall'architetto ceco Jan Letzel e la sua costruzione terminò nel mese di aprile del 1915. Il palazzo fu destinato ad ospitare la fiera commerciale della prefettura di Hiroshima. Esso cambiò nome varie volte, ma ebbe sempre scopi prettamente commerciali. Fino a quando il 6 agosto 1945 l'esplosione nucleare che avvenne a 150 metri dall'edificio risparmio’ la struttura che lo sorreggeva. Questa costruzione rimane in questo stato fino ad oggi e viene utilizzata come un monito a favore dell'eliminazione di ogni arsenale nucleare, simbolo di speranza e pace. Tutti in Giappone sanno cos’è l’Hiroshima Peace Memorial (Genbaku Dome). 

Di sera ha un effetto suggestivo e malinconico. Le luci che lo illuminano sfrontatamente, creano ombre proiettate all’interno dell’edificio che si modificano man mano che gli si gira intorno. E’ come se dentro ci fosse un anima. Tornammo in camera anche perchè la sveglia era puntata presto e il giorno dopo sarebbe stato un giorno importante: ci saremmo spacciati per giornalisti. “Notte Dade”, “Notte Pata”, ”ma hai visto che roba quella struttura?”, “Si Pata fa impressione..”, “Speriamo che queste cose non accadino piu?”, “Si speriamo, …notte.”

Il metro viaggiava già colmo di persone a quell’ora e all’uscita mi colpì particolarmente il tombino con le foglie di momiji (acero) che scambiandolo per una sorta di scultura da non calpestare, mi fece quasi inciampare. Poi lo sguardo fù tutto rivolto in strada dove una lunga carovana di persone si stava dirigendo al memoriale e ai lati, tantissimi bambini distribuivano delle rose bianche. I nostri compagni di viaggio ci passarono delle targhette con i nostri nominativi con la qualifica, per un giorno, di giornalisti. 


Non servivano per passare gratis, come un italiano farebbe, o per entrare da giornalisti, ma solo per stare vicini, altrimenti ci avrebbero separati. La folla era davvero tanta e si capiva che avevano dovuto aggiungere delle sedie in piu’ per accomodare il più alto numero di persone possibile. Avevano il colore diverso, mentre le nostre sedie erano bianche come tutti i decori presenti nel luogo. Io e Dade dividemmo la cuffia del traduttore, come facciamo sulla spiaggia per ascoltare la musica. 

Seppure giornalisti per un giorno, non avevamo i posti migliori, ma eravamo dislocati a circa metà dell’anfiteatro all’aperto, sotto il sole. Tanti giapponesi, ma anche tantissimi stranieri di cui metà sicuramente americani. Il memoriale iniziò con una presentazione del sindaco di Hiroshima sull’importanza di ricordare questo giorno, poi a turno si susseguivano canti soavi e interventi di politici ed esponenti della cultura internazionale. 

Poi furono letti i messaggi degli altri capi di stato e del Papa, per concludere con una serie di canti tipo gospel. Non era tutto chiaro, la traduttrice biascicava un italiano non perfetto. Ma era chiaro che non eravamo ad una festa. I toni, gli applausi, i brusii quasi impercettibili ce lo facevano capire. 


Due ore sotto il sole mattutino, per fortuna abbastanza clemente, si conclusero con un colpo sensazionale: la liberazione di cento colombe bianche che uscirono all’unisono da delle gabbiette sparse un po’ ovunque, anche se prima se ne ignorava l’esistenza. 
Veramente d’effetto vedere queste anime pure raggiungere e scorrazzare in cielo, come si spera facciano i tanti bimbi rimasti morti in seguito all’impatto. Un grande applauso lunghissimo commesse un po tutti, io per primo, e asciugando di tanto in tanto gli occhi con il dorso della mano, aspettammo che la gente affluisce all’esterno. 

Fuori, miriadi di rose venivano distribuite ai visitatori e a breve tutta la città, ne sarebbe stata invasa. Seguimmo anche noi la processione che ci portò nel giardino posto al lato in fronte al memoriale, dove il “muro del pianto” era circondato da bambini che vi attaccavano gli origami a forma di gru. Essendo stracolmo, era stato predisposto un gazebo in ferro battuto dove attaccarvi gli origami. 


Ne fecimo uno a testa e lo attaccammo in qualche modo, anche noi in mezzo alle milioni di gru di carta presenti. La gru è simbolo di pace e lunga vita, ogni giapponese ricorda la storia della bambina (Sadako Sasaki) che realizzo più di mille origami di carta, legandoli a queste pareti, per salvare il fratellino ammalatosi in seguito alle radiazioni. Non furono sufficienti e il bambino morì, ma da allora il muro del pianto è per Hiroshima il simbolo della rinascita. 

Ho ancora i brividi nelle braccia, anche se può sembrare ipocrita, vivere il momento ti segna profondamente e non puoi non commuoverti vedendo questi piccoli gesti d’amore. Un tocco di campana interrompe la scena e la folla comincia una processione lungo il fiume. 

Quel gesto di gettare nel fiume le rose, me lo ricorderò per sempre. Un stretta al cuore che va via con lentezza, un angoscia persistente, e una speranza che parte lungo il corso d’acqua per raggiungere tutte le popolazioni del mondo. Un messaggio di pace in un gesto innocuo come un fiore nel fiume, ma veramente toccante. La gente è davvero tanta, nemmeno a un concerto ne ho visti così tanti, e poi tutti disciplinati ripetono ininterrottamente il rito senza atti di protagonismo. Una popolazione, che ancora oggi, respira l’aria contaminata dall’atomica, che si e’ ricostruita la vita, che non dimentica tutte le persone care disperse e racconta al mondo una storia terribile che non deve più accadere. Anche questo sono i giapponesi. 

Il sole incominciava ad insistere, mentre la processione sembrava non finire mai. Ritornammo al metrò passando di nuovo dal “Dome” e ancora tanta era la gente che aspettava in fila la possibilità di attaccare la sua gru. Scivolammo giù dalle scale fino alla carrozza della metro. Pienissima. I butta dentro, che vidi finalmente per la prima volta, spingevano la gente per permettere alle porte di chiudersi, e soprattutto al treno di partire per rispettare l’orario. Accalcati come mucche al macello, eravamo tranquilli che nessuno ci avrebbe rubato il portafoglio. 




Arrivammo a destinazione per una doccia in tutta tranquillità, una cenetta a base di okonomiyaki e una passeggiata sul fiume dove la cerimonia continua con l’immersione nel fiume delle lampade galleggianti. Una lanterna di carta personalizzata con preghiere, desideri, disegni, scivola dolcemente nel fiume dalle mani di un bambino che guarda la mamma per sapere se ha fatto bene. 

La mamma annuisce e lui insegue la lanterna per qualche passo fino a quando si confonde con le altre. Noi restiamo a bocca aperta. Si avverte la presenza di un’intera città, riversata, ai bordi del fiume per ricordare le vittime di quel tragico 1945 e sopratutto per esprimere buoni auspici per il futuro.

Questa giornata commovente ed intensa si conclude, giornalisti per un giorno, abbiamo assistito da vicino alla commemorazione di una brutta tragedia. 


Noi c’eravamo…….ora, non ci resta che sperare che tali orrori non si compiano più!




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