Make Japan smile, la campagna web per aiutare il Giappone

Il logo dell'associazione












Il logo dell'associazione "Make Japan Smile".

Gion sta a Kyoto come Trastevere sta a Roma. Un simbolo di arte, cultura, tradizione, gastronomia e vitalità. Un luogo magico che racchiude, e conferma, tutto ciò che i turisti occidentali sperano di trovare inseguendo romanzi, film e storie del lontano Oriente.
È in questo quartiere storico di Kyoto, antica capitale del Giappone, che si svolgono i fatti magistralmente raccontati dalle inquadrature di Ron Marshall in Memorie di una Geisha. Un dedalo di vicoli, puntellati di templi, pagode, e abitazioni in legno con i tetti arricciati.
TRA GEISHA E LANTERNE. È il quartire delle geiko, il termine usato per le geisha nel dialetto locale, e delle maiko, le apprendiste geisha, delle sale da tè, dove si concentrano i migliori ristoranti e i più bei negozi di tutto il Paese.
Oggi il Gion è deserto, nessun turista, neanche il flash di una macchina fotografica. I ristoranti sono chiusi, e anche acquistare un ricordo può diventare complicato. Passeggiando sotto la pioggia incessante di metà giugno, si ha l'impressione che sia un non luogo, o meglio un luogo colpito da un bombardamento atomico. E anche se non si tratta di una guerra, il nucleare ha qualcosa a che fare con questo vuoto, con il silenzio, con i negozi chiusi e le luci basse di Kyoto.

«A Kyoto non viene più nessuno»

«Non viene più nessuno», ha raccontato a malincuore a Lettera43.it la signora Tani, un'aziana donna che gestisce una guest house in perfetto stile giapponese. «Dall'11 di marzo, non ho più visto un occidentale in giro per la città. Ci sono alcuni turisti giapponesi, coreani, cinesi e thailandesi, ma di europei e americani neanche l'ombra». Prenotare una notte in casa Tani, o trovare posto il sabato sera in un ristorante del Gion, fino a un anno fa era un'impresa.
LA PERLA DEL GIAPPONE. Kyoto, in cui si concentrano il 40% delle ricchezze architettoniche e artistiche di tutto il Giappone e ben 17 siti eletti a patrimonio dell'umanità dall'Unesco, è un'altra vittima del disastro di Fukushima.
Tokyo invece, megalopoli da 18 milioni di abitanti, non ha perso una virgola del suo dinamismo: prenotare un tavolo nei ristoranti dei quartieri di Ginza e Roppongi nel weekend è ancora un problema, e gli incroci pedonali di Shibuya sono affollati come nella scena finale del film Lost in translation di Sofia Coppola. Ma a Kyoto le cose vanno diversamente.

Dopo il terremoto, cancellate 560 mila prenotazioni

Davanti ai monumenti di maggior interesse della città, dal tempio d'oro di Ginkaku-ji al giardino zen Ryōan-ji, dalla passegiata dei filosofi alla pagoda del Gion, non c'è la fila. Una volta entrati, poi, i volti non asiatici sono davvero pochi, e prevalgono nel numero gli studenti giapponesi in gita scolastica.
KYOTO PAGA IL PREZZO PIÙ ALTO. Kyoto è una città da 1,4 milioni di abitanti. Conta oltre 3 mila templi buddisti che nel 2010 sono stati visitati da 30 milioni di persone. Un mese dopo il terremoto, il direttore dell'agenzia del turismo giapponese, Hiroshi Mizohata, aveva evidenziato il crollo di visitatori: tra il 12 marzo e l'8 aprile in tutto l'arcipelago sono state cancellate 560 mila prenotazioni alberghiere. Ma era la capitale culturale a pagare il prezzo più caro della paura delle radiazioni. Al Kansai international airport di Kyoto, da metà marzo hanno cominciato ad arrivare in media solo 3 mila stranieri al giorno, appena un quarto rispetto ai numeri della primavera scorsa.
«IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE». I negozi di souvenir nei pressi dei grandi templi hanno denunciato una diminuzione del 30% del giro d'affari. L'industria turistica nel suo complesso ha registrato perdite ancor più clamorose, registrando un calo dell'80% del fatturato. E secondo Mizohata, intervistato dal TimeOut di Tokyo, la situazione potrebbe addirittura peggiorare nei prossimi mesi.

Make Japan smile, la campagna web per aiutare il Giappone

Kyoto con pochi turisti e forse anche più incantevole. Non mancano le occasioni per divertirsi. Il quartiere di Pontocho per esempio, sulla riva ovest del fiume Kamo, assomiglia ai Navigli di Milano.
Si snoda lungo i lati di un vicolo lungo e stretto che ne costituisce il cuore ed è considerato la culla del teatro kabuki. È il luogo adatto per un aperitivo al tramonto ed è tenuto in vita dagli abitanti più vivaci: le decine di migliaia di studenti dell'università.
IL QUARTIERE SEMPRE VIVO. Come il Golden gay o i vicoli di Shibuya di Tokyo, questo pezzo di città non dorme mai, e le geisha, finte o vere che siano, passeggiano per farsi fotografare sotto le luci delle lanterne.
Il Giappone, e Kyoto, vogliono tornare a sorridere. Una sensazione che i pochi turisti della primavera 2011 hanno colto. Per questo hanno dato vita sui social network al progetto Make Japan smile, 'Fai tornare il Giappone a sorridere'. Per partecipare è sufficiente postare una foto sul web, che testimoni il sorriso che i giapponesi ancora riescono a regalare a chi viene in vancanza....

Commenti