ORIGAMI: SONO ARRIVATE LE NUOVE CARTE!

ORIGAMI: ARTE o PREGHIERA?

Con il termine origami si intende l'arte di piegare la carta (折り紙 o-ri-gami, ori piegare e kami carta). Esistono tradizioni della piegatura della carta anche in Cina (Zhe Zhi" 折纸), tra gli Arabi ed in occidente, ma sono i giapponesi che ne hanno fatta una vera cultura tramandata nel tempo

Nel lontano 610 d.C, la tecnica di produzione della carta giunse in Giappone, portata probabilmente da un monaco buddhista, e secondo la leggenda, il monaco sarebbe stato costretto a rivelare il segreto della fabbricazione della carta per salvarsi la vita, quando la nave su cui si trovava venne attaccata da pirati giapponesi. Fu così che in Giappone vennero ben presto sviluppati metodi per rendere più morbida ed elastica la carta, tecniche rimaste insuperate sino ad oggi.

Complice la cultura di quel popolo, la carta acquistò ben presto una grande importanza anche per le sue valenze sacre. Molteplici sono le implicazioni e i significati che la parola origami evoca e che sono in parte ricollegabili all'ambito religioso. Essa è composta da due termini: ori, che significa "piegare", e kami, che significa "carta", da cui il significato di "carta piegata" o di "piegare la carta". Per le regole della fonetica giapponese, il suono della consonante “k” si muta in “g” e la pronuncia che ne risulta è dunque origami. Ma kami è anche qualcosa di superiore, qualcosa che "sta sopra", che galleggia, che sta in alto. La parola che allude alle divinità, coloro che per definizione "stanno in alto", si pronuncia nello stesso modo, kami appunto. E per fabbricare la carta si usavano, e si usano tuttora, varie fibre vegetali ridotte in pasta finissima, miste a cotone e ad altre fibre che, macerate in acqua, tendono naturalmente a galleggiare; da qui, forse, l'idea che la carta sia un mezzo per consentire agli uomini di entrare in contatto con le divinità stesse.


Il processo di fabbricazione della carta rappresenta e richiama un altro concetto molto presente nella cultura orientale in genere: la continua trasformazione delle cose. Per fabbricare, per esempio, la carta di riso, occorre procurarsi le piante di riso che vengono "strappate" alla loro normale vita, ma che dopo essere state ridotte in pasta finissima "rinascono” a nuova vita sotto forma di carta. 

Per una sensibilità di questo tipo, l'uso della carta in ambito religioso risultò assolutamente naturale: ed ecco i gohei, strisce di carta piegate in modo particolare la cui funzione è unire idealmente gli uomini alle divinità, oltre che delimitare lo spazio sacra Gli atleti, i lottatori di sumo, non ricevevano denaro in caso di vittoria, bensì queste preziose strisce. Ancora molto più tardi, i forgiatori di spade per samurai dovevano consacrare con queste strisce lo spazio al cui interno avrebbero fabbricato una spada.

Va da sé, quindi, che in Giappone fossero quasi esclusivamente i monaci a fabbricare la carta, sia perché ne erano i principali utilizzatori sia perché il processo di lavorazione era piuttosto lungo e richiedeva molta manodopera specializzata. La carta non veniva impiegata per realizzare "modelli" come li intendiamo oggi, ma per creare figure astratte aventi un significato simbolico e rituale, secondo rigide regole formali note a pochi specialisti. Le cose andarono avanti così per almeno 150 anni. Durante il periodo Heian (794-1185), si verificò un primo graduale passaggio da un uso prevalentemente religioso a uno più profano. Non erano più solo i monaci a piegare la carta, ma anche gli appartenenti alla classe nobiliare, poiché si trattava comunque di un materiale costoso, non accessibile a tutti. Si passò cosi dai modelli più astratti, usati per scopi religiosi, ad altri più figurativi, che riproducevano animali, insetti, fiori e altre forme della natura. 

Fu in questo periodo che nacque il modello oggi forse più conosciuto al mondo, che e anche il simbolo internazionale dell'origami: la famosa gru, in giapponese tsuru. Nonostante la rapida diffusione della carta, questa rimase comunque per lungo tempo un materiale raro e pregiato, il cui uso era riservato alle cerimonie religiose o ad altre occasioni importanti. Uno degli esempi più antichi di origami, risalente al periodo Heian, è un foglio di carta pieghettato con il quale si copriva la bottiglia di sake che veniva posta sull'altare come offerta propiziatoria durante le cerimonie religiose. 
Allo stesso periodo risalgono i modelli stilizzati raffiguranti una farfalla maschio (ocho) e una farfalla femmina (mecho) che si applicavano al collo di due bottiglie di sake usate per un particolare rito augurale durante le cerimonie nuziali shintoiste, un'usanza in voga ancora oggi.


Alla fine del periodo Heian ebbe inizio quello Kamakura (1185-1313), a cui fece seguito il periodo Muromachi o Ashikaga (1333-1573), durante il quale al graduale declino dell'aristocrazia civile corrispose l'ascesa di quella militare e della classe dei samurai. Fu in questo periodo che, nell'ambito del buddhismo, si svilupparono nuove scuole, la più famosa delle quali è probabilmente quella zen, che esalta l'autodisciplina, la meditazione e il con­tatto con la natura. La storia dell'origami registrò tale cambiamento e questa disciplina si diffuse in strati sempre più ampi della società. 
Fu in quest'epoca che nacque il noshi, una decorazione di carta utilizzata per accompagnare un dono in segno di buon augurio o per congratularsi per un successo ottenuto; la tradizione giapponese ha codificato numerosi tipi di noshi adatti alle più svariate occasioni, attuali ancora oggi. Si sviluppò, inoltre l'uso di piegare in forma di farfalla, di gru e di fiore o ancora in forme astratte e geometriche le lettere con cui si indirizzavano le proprie suppliche al signore del luogo o si ricercavano i favori dell'amata, la quale poteva capire già dal colore e dalla forma se la lettera avesse un contenuto amoroso o meno. Nelle famiglie in vista, conoscere l'arte dell'origami divenne un requisito fondamentale per essere ammessi in società e molte ca­sate adottarono proprio un origami come stemma. Questa disciplina prese gradualmente a diffondersi anche nelle classi popolari. Si creavano custodie per piccoli oggetti, come i tato, utilizzati per la conservazione di erbe officinali, o gli tsutsusumi; anche il kusudama, una sfera di erbe che si riteneva avesse il potere di proteggere dagli spiriti maligni, veniva realizzato in carta, usando più fogli uniti fra loro con ago e filo. In questo periodo il Paese raggiunse un notevole sviluppo economico, che portò un relativo benessere e una certa tranquillità sociale.

Con la fine del periodo Edo, per il Giappone cominciò una fase di "contaminazione" con la cultura occidentale. Fino ad allora, infatti, erano stati pochissimi i giapponesi che avevano avuto l'opportunità di uscire dai confini nazionali; e ancor meno erano gli stranieri che avevano avuto accesso al Paese del Sol Levante. Gli scambi economici erano ridottissimi e quelli culturali quasi inesistenti. Fu in quest'epoca che gli occidentali scoprirono il Giappone e che i giapponesi cominciarono a far conoscere l'origami all'estero grazie a vere e proprie tournée appositamente organizzate. In un primo tempo, in Europa gli origamisti venivano considerati dei maghi o dei prestigiatori: nessuno aveva mai visto cose del genere prima di allora. Salvo lodevoli eccezioni, come Leonardo da Vinci, Lewis Carroll e pochi altri, almeno fino alla metà del XIX secolo nessuno aveva mai pensato di piegare la carta per ottenere figure anche molto semplici. Curiosamente, era molto più diffuso l'uso di piegare stoffe, tovaglie e tovaglioli per ottenere figure di ogni sorta: si faceva origami con la stoffa anziché con la carta, per abbellire le tavole imbandite nelle corti dei grandi signori, e questa tecnica era oggetto di appositi trattati di cui si conservano rarissimi esemplari.

Commenti